Grande affluenza di pubblico per Van Gogh durante il “ponte” di Ognissanti. Quasi seimila persone hanno ammirato le opere del pittore olandese esposte al Vittoriano di Roma. Ad oggi si contano più di centomila visitatori dall’8 ottobre 2010, giornata inaugurale dell’esposizione. Questi dati di numeroso afflusso saranno sicuramente evidenziati dalla curatrice Cornelia Homburg, nota studiosa del pittore e ricercatrice in ambito internazionale, che, con lavoro certosino, decise tre anni orsono di allestire una raccolta dei quadri del maestro, quasi una mostra antologica con lo scopo precipuo di raccontare, attraverso i dipinti, lo svolgersi della vita travagliata dell’artista, sia in campagna che in città.
I quadri di Van Gogh, presi in prestito dai musei più importanti del mondo, tra cui il Van Gogh Museum di Amsterdam, il Museum of Modern Art di New York, il Museè du Louvre di Parigi, la National Gallery of Canada, e da collezioni private, sono circa settanta, scelti tra tele e disegni su carta; a tali capolavori si aggiungono una quarantina di opere di altri pittori dell’epoca, come Gauguin, Pissarro e Millet.
Da un’analisi delle tele, si ripercorre la vita artistica di Vincent Van Gogh, segnata da problemi fisici e psichici, emersi durante gli anni. Nato il 30 marzo 1853 a Zundert, piccolo comune dell’Olanda, situato nella provincia del Brabante Settentrionale, Van Gogh fu indirizzato alle arti dallo zio paterno che aveva il suo stesso nome ed era un antiquario. Si iscrisse all’Accademia di belle arti di Bruxelles, perfezionando le tecniche della prospettiva e dell’anatomia delle figure. Nell’artista era presente una personalità complessa dove sussistevano diverse realtà che Van Gogh cercò di trasfondere ed amalgamare nei suoi quadri. Si rileva nelle tele l’amore per il mondo “povero ma onesto” della campagna. A questa visione bucolica, si aggiunge quella derivante dal soggiorno del pittore a Parigi, dove Van Gogh iniziò a frequentare colleghi impressionisti e puntinisti che lo portarono ad abbandonare i colori cupi degli anni precedenti, privilegiando colori dalle tonalità chiare e dalla pennellata vigorosa. Di questo periodo sono i quadri Orti a Montmartre e Strada con sottopassaggio. In seguito Van Gogh si trasferì ad Arles, per sfuggire alla caotica vita parigina e, nella pace di questa piccola città, creò opere dove veniva fusa la prima esperienza maturata in Olanda e quella di Parigi. I quadri Albicocchi in fiore e il ritratto eseguito da Paul Gauguin a Van Gogh che creava la famosa opera I girasoli, si datano 1887-1888. In quel momento si manifestò l’acme della follia del genio olandese che, dopo una furibonda discussione con Gauguin, si mozzò l’orecchio sinistro. Soffrì ancora diverse crisi epilettiche e, per guarire da questa malattia, fu mandato prima a Saint Remy e poi a Auvers Sur Oise. Era il 27 luglio 1890 quando, mentre si trovava in un campo di grano per disegnare, il pittore si sparò al petto. Tornò poi a casa e morì per soffocamento due giorni dopo.
Alla mostra del Vittoriano troveremo tantissimi tra i suoi più apprezzati capolavori: non i classici girasoli o le nature morte, come evidenziato dalla curatrice, ma una scelta di tele dove l’autore ha dipinto quello che i suoi estimatori amavano ammirare: la vita quotidiana vista con i suoi occhi. L’evento terminerà il 6 febbraio 2011.
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/990-van-gogh-boom-di-visite-al-vittoriano.html
Di tutto un po ...viaggio nella capitale attraverso l'arte , il cinema ,gli eventi e ...i nostri piccoli amici ...
mercoledì 23 marzo 2011
Chiesa della Maddalena: lo splendore del barocco
Originariamente costruita sulle basi della cappella appartenuta all’Arciconfraternita del Gonfalone, la Chiesa della Maddalena, è situata nell’omonima piazza, nel rione Colonna nel centro storico di Roma. Questo tempio è già ricordato nel catalogo di Torino del 1320, mentre nel 1586 Camillo de Lellis, fondatore dell’ordine dei Ministri degli Infermi, volle inglobare le case antistanti la chiesa, per dar luogo ad un monastero, che ospitasse la comunità religiosa.
L’architettura interna, in stile tardo barocco, fu curata in particolare dall’architetto Giovan Battista De Rossi e da Carlo Fontana. Nel 1673 il Fontana elaborò un nuovo disegno della Chiesa, ma poté solo realizzare il “Cappellone della Croce”, posto a sinistra della cupola, differenziandosi, da quello di destra e dal sottarco absidale, per le differenti decorazioni. A sinistra troviamo la Cappella dedicata a San Nicola di Bari che fu riccamente ornata, a differenza di quella a destra, dedicata a San Camillo De Lellis. L’altare marmoreo fu progettato e realizzato dall’architetto De Rossi, con l’aiuto, nella parte finale, di Carlo Francesco Bizzaccheri.
La cappella dell’altare maggiore presenta il catino absidale affrescato (Gesù con a destra una Maddalena dai capelli biondi) e una tavola sopra l’altare con la Maddalena in preghiera. La facciata fu realizzata in seguito dall’architetto Giuseppe Sardi nel 1735. Volle ideare quattro nicchie con i Santi Camillo de Lellis e Filippo Neri, nella parte inferiore, e Santa Maria Maddalena e Santa Marta in quella superiore. Le statue in marmo inferiori furono opera di Paolo Campana, quelle superiori di Joseph Canard. Tutte le decorazioni che troviamo sono in stile rococò. Anche all’interno della Chiesa furono eseguiti dei decori: da rilevare quelli della cantoria e della sagrestia. La cantoria, opera di Domenico Barbiani, fu realizzata tra il 1728 e il 1736. Furono collocate quattro statue di legno laccato bianco, tra cui due poste vicino all’organo, nella parte superiore, raffiguranti la Fede e la Religione vicino a quattro angeli alati e, nella parte inferiore, la Speranza e la Carità. Altro ambiente di notevole bellezza è la già citata sacrestia: all’interno del luogo troviamo sei credenzoni di finto alabastro, e la volta, dipinta da Gerolamo Pesce, con la raffigurazione della Madonna che accoglie il Santo Padre Nostro, ovvero la gloria di San Camillo de Lellis e San Filippo Neri.
L’interno presenta tre finestre ripetute nella parete di fronte con l’uso del trompe d’oil. Nel 1987 il Genio Civile intervenne sulla facciata, con la consulenza artistica del professor Borsi. La facciata ha subito un rifacimento della parte summittale, sul timpano e i torcioni, a seguito di cadute di intonaco. La facciata, ancor oggi, richiede un intervento di consolidamento e restauro. All’interno, la Chiesa soffre di problemi di umidità, in particolare di quella ascendente che ha portato un evidente degrado degli apparati decorativi, a pitture e marmo.
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1319-chiesa-della-maddalena-lo-splendore-del-barocco.html
L’architettura interna, in stile tardo barocco, fu curata in particolare dall’architetto Giovan Battista De Rossi e da Carlo Fontana. Nel 1673 il Fontana elaborò un nuovo disegno della Chiesa, ma poté solo realizzare il “Cappellone della Croce”, posto a sinistra della cupola, differenziandosi, da quello di destra e dal sottarco absidale, per le differenti decorazioni. A sinistra troviamo la Cappella dedicata a San Nicola di Bari che fu riccamente ornata, a differenza di quella a destra, dedicata a San Camillo De Lellis. L’altare marmoreo fu progettato e realizzato dall’architetto De Rossi, con l’aiuto, nella parte finale, di Carlo Francesco Bizzaccheri.
La cappella dell’altare maggiore presenta il catino absidale affrescato (Gesù con a destra una Maddalena dai capelli biondi) e una tavola sopra l’altare con la Maddalena in preghiera. La facciata fu realizzata in seguito dall’architetto Giuseppe Sardi nel 1735. Volle ideare quattro nicchie con i Santi Camillo de Lellis e Filippo Neri, nella parte inferiore, e Santa Maria Maddalena e Santa Marta in quella superiore. Le statue in marmo inferiori furono opera di Paolo Campana, quelle superiori di Joseph Canard. Tutte le decorazioni che troviamo sono in stile rococò. Anche all’interno della Chiesa furono eseguiti dei decori: da rilevare quelli della cantoria e della sagrestia. La cantoria, opera di Domenico Barbiani, fu realizzata tra il 1728 e il 1736. Furono collocate quattro statue di legno laccato bianco, tra cui due poste vicino all’organo, nella parte superiore, raffiguranti la Fede e la Religione vicino a quattro angeli alati e, nella parte inferiore, la Speranza e la Carità. Altro ambiente di notevole bellezza è la già citata sacrestia: all’interno del luogo troviamo sei credenzoni di finto alabastro, e la volta, dipinta da Gerolamo Pesce, con la raffigurazione della Madonna che accoglie il Santo Padre Nostro, ovvero la gloria di San Camillo de Lellis e San Filippo Neri.
L’interno presenta tre finestre ripetute nella parete di fronte con l’uso del trompe d’oil. Nel 1987 il Genio Civile intervenne sulla facciata, con la consulenza artistica del professor Borsi. La facciata ha subito un rifacimento della parte summittale, sul timpano e i torcioni, a seguito di cadute di intonaco. La facciata, ancor oggi, richiede un intervento di consolidamento e restauro. All’interno, la Chiesa soffre di problemi di umidità, in particolare di quella ascendente che ha portato un evidente degrado degli apparati decorativi, a pitture e marmo.
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1319-chiesa-della-maddalena-lo-splendore-del-barocco.html
Palazzo Farnese: lo splendore del Rinascimento romano
Più di 90mila visitatori in tre mesi all’esposizione all’interno dell’ambasciata di FranciaHa riscosso un grande successo di pubblico la mostra Dalle collezioni rinascimentali ad ambasciata di Francia, inaugurata nel dicembre 2010 alla presenza di grandi personalità del mondo dei beni culturali e di importanti politici. Ad oggi, infatti, essa conta un’affluenza di più 90mila visitatori.
L’evento è curato dal Professor Francesco Buranelli, Segretario della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, e dall’Architetto Roberto Cecchi, Segretario generale del Ministero per i Beni e le Attività culturali. L’esposizione presenta una preziosa raccolta di opere d’arte iniziata da papa Paolo III Farnese, e continuata da suo nipote, il cardinale Alessandro Farnese. Nel 1587 la moglie di Ottavio Farnese, Margherita d’Austria, volle con la sua eredità contribuire alla collezione, arricchendola con preziose opere appartenute in precedenza a Lorenzo de’ Medici. I capolavori esposti sono 150 e provengono dalle prestigiose pinacoteche di Parma e Bologna, ma anche dal museo di Capodimonte.
Il palazzo fu progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, collaboratore di Raffaello nella realizzazione della basilica di San Pietro e nipote di famosi architetti, il quale disegnò questo grande edificio quadrato, chiamato il “dado Farnese”, atto ad ospitare Pierluigi e Ranuccio, i figli del futuro Papa. Nel 1514 iniziarono i lavori, sospesi durante il Sacco di Roma del 1527. In seguito il figlio più piccolo, Ranuccio, mori e il Sangallo fu costretto a modificare il progetto adibendo la costruzione a dimora papale. Venne aggiunta una piazza pavimentata con dei mattoni, arricchita in seguito con due fontane aventi delle vasche di granito egiziano, provenienti dalle terme di Caracalla. La facciata principale, in laterizio e travertino, costruita tra il 1514 e il 1534, è lunga 57 metri e alta 29, e si presenta come imponente ed austera. Fu terminata nel 1546 da Michelangelo il quale rialzando l’ultimo piano, aggiunse, un cornicione ornato con dei gigli di Firenze. Disegnò anche una nuova finestra per il balcone centrale e lo stemma del Papa. La morte del pontefice interruppe nuovamente i lavori nel 1549, che furono poi ripresi dal nipote dello stesso e seguiti professionalmente dal Vignola.
L’esposizione inizia dal piano terra, attraversando il giardino e il cortile, fino a giungere al piano nobile, dove per l’occasione sono stati ricollocati mobili e arredi del passato. Tra le opere più apprezzate citiamo la statua di Atlante e quella dei Daci prigionieri, poste ai lati della sala degli Imperatori e Filosofi, e lo studiolo proveniente dal Museo di Ecouen, mobile rinascimentale utilizzato per conservare le monete. La sala dei fasti Farnesiani, ora studio dell’ambasciatore di Francia, presenta un soffitto dipinto da Francesco Salviati nel 1552 con scene di gesta di condottieri Farnese e la rappresentazione della pace di Nizza tra Carlo V e Francesco I nel 1538. Nel cortile, infine, sono stati riproposti grazie all’aiuto della tecnologia le imponenti figure del Toro Farnese, dell’Ercole latino e dell’Ercole Farnese. Tutta la realizzazione è stata eseguita in collaborazione con l’ambasciata di Francia che da tempo ha la sua sede nel palazzo.
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1429-palazzo-farnese-lo-splendore-del-rinascimento-romano.html
L’evento è curato dal Professor Francesco Buranelli, Segretario della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, e dall’Architetto Roberto Cecchi, Segretario generale del Ministero per i Beni e le Attività culturali. L’esposizione presenta una preziosa raccolta di opere d’arte iniziata da papa Paolo III Farnese, e continuata da suo nipote, il cardinale Alessandro Farnese. Nel 1587 la moglie di Ottavio Farnese, Margherita d’Austria, volle con la sua eredità contribuire alla collezione, arricchendola con preziose opere appartenute in precedenza a Lorenzo de’ Medici. I capolavori esposti sono 150 e provengono dalle prestigiose pinacoteche di Parma e Bologna, ma anche dal museo di Capodimonte.
Il palazzo fu progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, collaboratore di Raffaello nella realizzazione della basilica di San Pietro e nipote di famosi architetti, il quale disegnò questo grande edificio quadrato, chiamato il “dado Farnese”, atto ad ospitare Pierluigi e Ranuccio, i figli del futuro Papa. Nel 1514 iniziarono i lavori, sospesi durante il Sacco di Roma del 1527. In seguito il figlio più piccolo, Ranuccio, mori e il Sangallo fu costretto a modificare il progetto adibendo la costruzione a dimora papale. Venne aggiunta una piazza pavimentata con dei mattoni, arricchita in seguito con due fontane aventi delle vasche di granito egiziano, provenienti dalle terme di Caracalla. La facciata principale, in laterizio e travertino, costruita tra il 1514 e il 1534, è lunga 57 metri e alta 29, e si presenta come imponente ed austera. Fu terminata nel 1546 da Michelangelo il quale rialzando l’ultimo piano, aggiunse, un cornicione ornato con dei gigli di Firenze. Disegnò anche una nuova finestra per il balcone centrale e lo stemma del Papa. La morte del pontefice interruppe nuovamente i lavori nel 1549, che furono poi ripresi dal nipote dello stesso e seguiti professionalmente dal Vignola.
L’esposizione inizia dal piano terra, attraversando il giardino e il cortile, fino a giungere al piano nobile, dove per l’occasione sono stati ricollocati mobili e arredi del passato. Tra le opere più apprezzate citiamo la statua di Atlante e quella dei Daci prigionieri, poste ai lati della sala degli Imperatori e Filosofi, e lo studiolo proveniente dal Museo di Ecouen, mobile rinascimentale utilizzato per conservare le monete. La sala dei fasti Farnesiani, ora studio dell’ambasciatore di Francia, presenta un soffitto dipinto da Francesco Salviati nel 1552 con scene di gesta di condottieri Farnese e la rappresentazione della pace di Nizza tra Carlo V e Francesco I nel 1538. Nel cortile, infine, sono stati riproposti grazie all’aiuto della tecnologia le imponenti figure del Toro Farnese, dell’Ercole latino e dell’Ercole Farnese. Tutta la realizzazione è stata eseguita in collaborazione con l’ambasciata di Francia che da tempo ha la sua sede nel palazzo.
Federica Pansadoro
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sabato 12 marzo 2011
San Crisogono: un gioiello nel cuore di Trastevere
L’antica chiesa di San Crisogono, nel rione Trastevere di Roma, a via San Gallicano, è un esempio di cultura e religione da contemplare, nel descrivere una parte della bellezza e la storia spirituale della capitale d’Italia. I rilevamenti archeologici hanno fatto approfondire l’intera area dove ora sorge la basilica, portando alla luce numerosi reperti risalenti alla casa di San Crisogono, posta proprio in quella zona.
La chiesa, di epoca costantiniana, presenta una sola navata e delle vasche che riconducono alla costruzione precedente, si presume una fullonica (luogo dove venivano tinti e lavati i tessuti). Per volere del cardinale Scipione Borghese, nel 1626, la basilica fu ricostruita e, per dirigere i lavori, venne chiamato l’architetto Giovanni Battista Soria. Ad oggi la facciata si propone con un portico con quattro colonne, in granito grigio e rosa, e sulla parte superiore aquile e draghi, simboli della famiglia Borghese. Sul lato destro spicca un campanile di epoca romanica (1124), alto 45 metri con la base di metri 8x8 che fu restaurato nel 1623. L’interno dell’attuale chiesa presenta tre navate, divise da colonne di granito grigio e rosa, ed un pavimento musivo opera dei marmorari romani della famiglia di Cosma, tra i più belli e meglio conservati di Roma. Il soffitto è dorato a lacunari sagomati, in stile barocco, e presenta nel centro la Gloria di San Crisogono, copia dell’opera del pittore Guercino, venduta nel XIX ad un signore inglese.
Nella navata destra, oltre alla Cappella delle reliquie, è stata posta, nel 1954, un’edicola dedicata alla Madonna del Buon Respiro e la Cappella del SS. Sacramento o Cappella Poli, ristrutturata dal Bernini tra il 1677 e il 1680. L’altare maggiore, che presenta alcuni elementi dell’antecedente chiesa del XII secolo, custodisce i resti del martire San Crisogono.
Sulla navata di sinistra troviamo posta un’edicola, disegnata dal Del Vecchio nel 1982, e la Cappella dedicata alla Beata Anna Maria Taigi (1769-1837), sposa devota e madre esemplare. Dalla sacrestia si scende nei sotterranei della Chiesa, che conservano tuttora il titulus Crisogoni, cioè una tabella che indicava un luogo di riunione e di preghiera per i cristiani.
San Crisogono, vescovo originario di Aquileia, venne prima imprigionato poi decapitato durate il regno dell’imperatore romano Diocleziano, il 23 novembre di un anno tra il 303 e il 305. Il suo corpo venne ritrovato da un sacerdote, padre Zoilo, che di seguito lo seppellì. Successivamente il corpo fu inumato a Zara città della Croazia. La Chiesa cattolica di rito romano celebra la memoria del Santo il 24 novembre, giorno successivo alla sua morte, differenziandosi da quella di rito greco che invece lo ricorda il 16 aprile.
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1396-san-crisogono-un-gioiello-nel-cuore-di-trastevere.html
Federica Pansadoro
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1396-san-crisogono-un-gioiello-nel-cuore-di-trastevere.html
mercoledì 2 marzo 2011
Artemisia Gentileschi
Nata a Roma nel 1593 ,l otto di luglio, fu la pittrice piu' conosciuta e apprezzata in quell'epoca . Orazio ,padre di Artemisia ,artista ed esponente romano del caravaggismo, volle introdurre tutti i suoi figli all'arte pittorica , accorgendosi,pero', ben presto delle straordinarie doti di Artemisia rispetto ai fratelli.La prima opera importante della ragazza ,all'epoca diciassettenne ,è il quadro Susanna e i vecchioni , dove la protagonista Susanna , giovane moglie, viene sorpresa, mentre era in un bagno, da due amici del marito ,
anziani, i quali la sottopongono a ricatto sessuale. Il quadro precede l'accaduta violenza sessuale, subita da Artemisia, da parte del pittore toscano Agostino Tassi, nel 1612.Questa triste vicenda porterà il padre Orazio a sporgere denuncia nei confronti del Tassi con conseguente processo .Il Tassi fu condannato ad una pena non tanto rilevante .Durante il periodo del processo Artemisia dipinse "Giuditta che decapita Oloferne" esprimendo tutta la sua rabbia per la terribile esperienza subita. Nel 1613 sposa un pittore fiorentino,
Pierantonio Stiattesi, ed insieme si trasferirono a Firenze ,dove la giovane artista frequento' l'Accademia del Disegno.A questo periodo appartiene "la Maddalena penitente" , quadro conservato ora nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti,a Firenze.Inizio' a essere conosciuta e poi apprezzata anche dalla famiglia nobiliare dei Medici ,e dai pittori Buonarroti il giovane ,e Cristofaro Allori.Nonostante il successo e gli ottimi guadagni, ebbe dei guai con alcuni creditori e ,per questo motivo ,decise di ritornare a Roma ( 1621) portando con se le figlie. Nel 1630 invece decise di abitare a Napoli,dove rimase fino alla sua morte nel 1652.Nel 1636 la pittrice realizza il San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli, dipinto , che narra come San Gennaro ed i suoi seguaci , attaccati da delle fiere , riescono ad ammansirle .Il quadro,molto voluminoso è esposto ora nel Museo di Capodimonte a Napoli.Nel 1638 ,la donna raggiunse Londra dove il padre ,aveva iniziato la decorazione del soffitto della "casa delle delizie" a Greenwick.Nel 1639 Orazio Gentileschi mori , e ,Artemisia fu invitata da Carlo I ,grande mecenate,a restare a Londra. Il re , famoso estimatore d'arte,costrui' una ricca collezione ,preferendo pittori come Tiziano , lo stesso Gentileschi , il fiammingo Van Dyck e Artemisia di cui possedeva il quadro "Autoritratto come allegoria della Pittura"dove la Pittura è rappresentata da una donna, con collana d'oro e ciondolo con maschera, che dipinge . La donna ha le sembianze della stessa Artemisia. Nel 1649 durante il suo ritorno nella capitale partenopea , strinse una
collaborazione con Antonio Ruffo,collezionista messinese.Da alcune epistole ritrovate ,si dedusse che era difficile per lei, nonostante la bravura e dimestichezza nel dipingere ,rendere la sua pittura ,oggetto di interesse di personaggi illustri,con conseguente situazione economica instabile e insoddisfazione professionale.Mori'nel 1652 sola e poco considerata , avendo accanto le figlie Prudenzia e Francesca , tutte e due educate all'arte dalla stessa. Nel 2001 è stata istituita a Roma una mostra dedicata a Orazio e
Artemisia Gentileschi ,che , per lì enorme successo ottenuto , è proseguita a New York al Metropolitan Museum of Art e in seguito al The Museum di Saint Louis.
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1369-una-donna-e-la-sua-arte-nellitalia-del-1600.html
Nata a Roma nel 1593 ,l otto di luglio, fu la pittrice piu' conosciuta e apprezzata in quell'epoca . Orazio ,padre di Artemisia ,artista ed esponente romano del caravaggismo, volle introdurre tutti i suoi figli all'arte pittorica , accorgendosi,pero', ben presto delle straordinarie doti di Artemisia rispetto ai fratelli.La prima opera importante della ragazza ,all'epoca diciassettenne ,è il quadro Susanna e i vecchioni , dove la protagonista Susanna , giovane moglie, viene sorpresa, mentre era in un bagno, da due amici del marito ,
anziani, i quali la sottopongono a ricatto sessuale. Il quadro precede l'accaduta violenza sessuale, subita da Artemisia, da parte del pittore toscano Agostino Tassi, nel 1612.Questa triste vicenda porterà il padre Orazio a sporgere denuncia nei confronti del Tassi con conseguente processo .Il Tassi fu condannato ad una pena non tanto rilevante .Durante il periodo del processo Artemisia dipinse "Giuditta che decapita Oloferne" esprimendo tutta la sua rabbia per la terribile esperienza subita. Nel 1613 sposa un pittore fiorentino,
Pierantonio Stiattesi, ed insieme si trasferirono a Firenze ,dove la giovane artista frequento' l'Accademia del Disegno.A questo periodo appartiene "la Maddalena penitente" , quadro conservato ora nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti,a Firenze.Inizio' a essere conosciuta e poi apprezzata anche dalla famiglia nobiliare dei Medici ,e dai pittori Buonarroti il giovane ,e Cristofaro Allori.Nonostante il successo e gli ottimi guadagni, ebbe dei guai con alcuni creditori e ,per questo motivo ,decise di ritornare a Roma ( 1621) portando con se le figlie. Nel 1630 invece decise di abitare a Napoli,dove rimase fino alla sua morte nel 1652.Nel 1636 la pittrice realizza il San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli, dipinto , che narra come San Gennaro ed i suoi seguaci , attaccati da delle fiere , riescono ad ammansirle .Il quadro,molto voluminoso è esposto ora nel Museo di Capodimonte a Napoli.Nel 1638 ,la donna raggiunse Londra dove il padre ,aveva iniziato la decorazione del soffitto della "casa delle delizie" a Greenwick.Nel 1639 Orazio Gentileschi mori , e ,Artemisia fu invitata da Carlo I ,grande mecenate,a restare a Londra. Il re , famoso estimatore d'arte,costrui' una ricca collezione ,preferendo pittori come Tiziano , lo stesso Gentileschi , il fiammingo Van Dyck e Artemisia di cui possedeva il quadro "Autoritratto come allegoria della Pittura"dove la Pittura è rappresentata da una donna, con collana d'oro e ciondolo con maschera, che dipinge . La donna ha le sembianze della stessa Artemisia. Nel 1649 durante il suo ritorno nella capitale partenopea , strinse una
collaborazione con Antonio Ruffo,collezionista messinese.Da alcune epistole ritrovate ,si dedusse che era difficile per lei, nonostante la bravura e dimestichezza nel dipingere ,rendere la sua pittura ,oggetto di interesse di personaggi illustri,con conseguente situazione economica instabile e insoddisfazione professionale.Mori'nel 1652 sola e poco considerata , avendo accanto le figlie Prudenzia e Francesca , tutte e due educate all'arte dalla stessa. Nel 2001 è stata istituita a Roma una mostra dedicata a Orazio e
Artemisia Gentileschi ,che , per lì enorme successo ottenuto , è proseguita a New York al Metropolitan Museum of Art e in seguito al The Museum di Saint Louis.
http://www.lottimista.com/cultura/arte/1369-una-donna-e-la-sua-arte-nellitalia-del-1600.html
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